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Non c'è Rivoluzione che si rispetti che non lasci sul campo un congruo numero di morti e feriti.
E' successo anche a seguito della novella in tema di tassazione degli atti immobiliari soggetti ad imposta di registro, entrata in vigore il primo gennaio di quest'anno ma sancita nelle sue linee guida sin dal 14 marzo 2011, data di emanazione del D.Lgs. n. 23 in tema di federalismo fiscale.
In quel contesto si programmò lo scenario attuale, solo marginalmente modificato dal lieve appesantimento fiscale introdotto con l'art. 26 comma 1° del D.L. n. 104 del 12 settembre 2013 e dalla novella introdotta dai commi 608 e 609 dell'art. 1 della legge di stabilità 2014 n. 147/2013.
Nel corso dei circa 33 mesi che ci hanno separato dalla data di emanazione del D.lgs 23/2011 al giorno di entrata in vigore della nuova normativa un assordante silenzio ha caratterizzato l'atteggiamento della dottrina e della stampa specializzata in materia.
Silenzio.
Nulla.
Vuoto.
Eppure il cambiamento è stato epocale e nemmeno disprezzabile, a grandi linee.
Si è passati, infatti, da un ginepraio di aliquote diverse in ragione delle caratteristiche oggettive dei beni negoziati e/o delle caratteristiche soggettive dei soggetti negoziatori ad un ventaglio di sole quattro aliquote.
Nell'incidere sulla tariffa parte prima allegata al testo unico in materia di imposta di registro, infatti, l'articolo 10 del citata D. Lgs 23/2011, come parzialmente modificato, ha previsto solo le seguenti percentuali:
12% per i terreni agricoli negoziati da soggetti diversi dai coltivatori diretti che godono delle agevolazioni previste per la “piccola proprietà contadina”;
1% per i terreni agricoli negoziati da coltivatori diretti che godono delle agevolazioni previste per la “piccola proprietà contadina”;
2% per i fabbricati che vengono acquistati da persone fisiche che godono delle agevolazioni “prima casa”;
9% per tutte le altre negoziazioni.
Già sul piano numerico la “novella” reca motivi di sinceri sorrisi..
Per i terreni agricoli si è passati da una tassazione complessiva (comprensiva cioè delle imposte di registro, ipotecaria e catastale) del 18% ad una del 12%.
Per i fabbricati dal 10% al 9%.
Per la “prima casa” dal 3% al 2%.
In più il comma 3° dell'art. 10 del testo di riforma ha sancito il principio di “assorbimento” per cui l'aliquota unica “assorbe le vecchie” imposte ipotecaria, catastale, di bollo ed i tributi per trascrizione e voltura.
Tutto bello?
Tutti felici?
Eh no, il lettore rimarrebbe deluso, ben sapendo come il nostro legislatore fiscale sia un esperto giocatore al gioco delle “tre carte”..!
In effetti la copertura finanziaria di tale riduzione della tassazione dei trasferimenti immobiliari soggetti ad imposta di registro è stata ottenuta con taluni.. accorgimenti di non poco conto.
In primo luogo si è elevato da 168 a 200 euro l'importo minimo da versarsi per le imposte di registro, ipotecaria e catastale, quest'ultime due quando da versarsi, chiaramente.
In secondo luogo si è sancito che l'importo minimo della tassazione unica come novellata nelle aliquote sopra indicate non possa andare sotto la somma di 1.000 euro, con evidente penalizzazione delle operazione di valore ridotto, spesso ad appannaggio della “povera gente”.
In terzo luogo ai sensi del 4° comma dell'art. 10 della novella del 2011 sono state abrogate in maniera generica ed orizzontale tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali, che riguardino gli atti assoggettati all'imposta di registro.
Il venire meno di tali esenzioni/agevolazioni assume in taluni casi un sapore particolarmente “odioso” se pensiamo che sono stati cancellati con un tratto di penna trattamenti di riguardo frutto di importanti battaglie di principio, quali quelli riservati agli acquisti delle Onlus, ai trasferimenti di case di edilizia economica e popolare o ai trasferimenti di immobili di interesse storico ed artistico.
Per non parlare della follia della tassazione ordinaria riservata agli acquisti anche a titolo di esproprio degli Enti pubblici, spesso strumentali all'effettuazione di opere di pubblica utilità, che rischia di paralizzare anche tale settore con evidenti ricadute negative sul piano macroeconomico e di sistema.
Insomma, l'ennesima “Rivoluzione”fatta coi numeri, che ha decretato molti vincitori ed un numero indefinito di sconfitti.
Ma le rivoluzioni non dovevano riscattare le ragioni dei più deboli...??!